«Nel 1948 l’Italia era una nazione sconfitta e tuttavia, pur sconfitta, teneva alta la testa nel consesso delle nazioni, chiedendo di entrarci a condizioni di parità. Alla sinistra c’è voluto mezzo secolo ma alla fine ha trovato il modo di introdurre dentro à nostri confini il cavallo di Troia della sottomissione all’Europa. Con una specifica: il cavallo non l’hanno fatto astutamente entrare da fuori gli europei ma l’ha costruito proprio la sinistra italiana, tra il 2000 e il 2001 introducendo, non richiesta, nell’articolo 117 della Costituzione la formula della nostra sottomissione quando si afferma che il potere legislativo dello Stato è subordinato “a vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”, intendendo per ordinamento comunitario non solo i trattati ma anche i regolamenti e le direttive europee».
In una logica che oggi si direbbe sovranista, ma che in realtà semplicemente ci riporta ai principi di dignità e sovranità della nostra storia, il senatore Giulio Tremonti, componente della Commissione Affari Esteri, fa una proposta di riforma costituzionale che smonta il cavallo di Troia costruito con il nuovo articolo 117 della Costituzione e ritorna al vecchio e glorioso articolo 11 del 1948, quello che sancisce la parità dell’Italia nella sovranità con gli altri Stati. La proposta prevede l’aggiunta di un comma all’articolo 11 («Le norme dei Trattati e degli altri atti dell’Unione Europea sono applicabili a condizione di parità e solo in quanto compatibili con i principi di sovranità, democrazia, sussidiarietà e con gli altri principi della Costituzione Italiana») che allinea la nostra Carta, e non sembri un sacrilegio, esattamente a quanto dispone la Costituzione di Berlino, che prevede, prima di recepirle, un controllo vincolante di compatibilità delle norme comunitarie con quelle tedesche».
Professore, la sua proposta di modifica della Costituzione è un manifesto, una bandiera o qualcosa che può rivelarsi concreto?
«Facciamo un esempio sulle banche e sul risparmio, un fronte sul quale la sovranità italiana, anche attraverso la norma del bail-in, viene cancellata con la normativa europea manovrata nella migliore delle ipotesi da misteriosi algoritmi sui requisiti di capitale, nella peggiore, e più probabile, da interessi a comprarci e spiazzarci. Se in Costituzione ci fosse ora l’articolo 11 così come riformulato nel mio disegno di legge, i risparmiatori avrebbero potuto far valere un principio fondamentale presente nella nostra Carta, ossia l’articolo 47, che stabilisce che “la Repubblica tutela il risparmio”. Il trattamento che l’Europa sta facendo all’Italia sul tema banche non avrebbe potuto farlo alla Germania, che ha scelto di difendere i suoi prinicipii. Alla Corte di Karlsruhe il risparmiatore tedesco avrebbe potuto così far valere i suoi diritti contro la norma che chiama i correntisti a rispondere delle perdite degli istituti, anche se di fatto comunque non ne avrebbe avuto bisogno, visto che comunque il problema i tedeschi
l’hanno risolto a priori escludendo dal bail-in l’enorme e critica area delle loro banche regionali».
Per dettagliare il senso della propria iniziativa, il professor Tremonti è lieto di ragionare con Libero sulle ragioni profonde che hanno portato l’Italia a cedere unilateralmente quote della propria sovranità e poi anche a discutere sul futuro prossimo dell’Europa e del nostro Paese. Si comincia con una rievocazione dei passaggi chiave della nostra storia internazionale. «La gloriosa Costituzione del 1948» spiega Tremonti «disponeva che “L’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”».
Quindi in un certo qual modo un vincolo esterno alle nostre leggi era previsto fin dall’inizio?
«Il principio alla base era nella coppia di parole “sovranità” e “parità”. Non un vincolo asimmetrico, come quello che fu introdotto nel 2000-2001, ma un vincolo che aveva ragione d’essere nell’interesse nazionale. Una ragione di legittimazione esterna dell’Italia nello scenario internazionale, e una ragione interna di difesa contro il pericolo comunista. Al principio, il senso di quella norma era quello di accreditarci all’Onu. L’Italia, potenza non vincitrice, iniziava il suo nuovo percorso nel concerto delle nazioni ma nel modo giusto, marcando la propria sovranità e sancendo il criterio della parità e reciprocità con le altre nazioni».
E per quanto riguarda la difesa interna?
«Il secondo passaggio fu l’ingresso dell’Italia nella Nato, nel 1949. Ma è evidente che allora la cessione di sovranità fu fatta in funzione difensiva anti-comunista rispetto al Patto di Varsavia. Ma sempre mantenendo ferme parità e sovranità».
E’ con l’Unione Europea che la nostra sovranità inizia a incrinarsi dunque?
«Intendiamoci sulle parole. Per decenni c’è stata la Comunità Europea, non l’Unione. Le comunità europee sorgono in alternativa al Comecon, il sistema commerciale che univa, con l’appoggio fraterno dei carri armati - lo spread di allora - i Paesi comunisti dell’est Europa. La logica non era solo economica ma anche politica, tant’è che l’Italia entrò nella CECA, la comunità economica del carbone e dell’acciaio, senza avere né carbone né acciaio».
Quando e perché sono cambiate le cose?
«Cominciano a cambiare con il Trattato di Maastricht, nel 1992, siglato nella prospettiva dell’Unione monetaria. E’ qui che inizia a emergere l’idea del vincolo esterno come importazione, più coatta che convinta, di valori, criteri e principi che la politica italiana da sola non avrebbe potuto rispettare. Evocando il nome dell’Europa invece, sì. Va notato che a quell’altezza di tempo l’Europa era, oggettivamente, popolarmente sentita come un bene in sé, un qualcosa di positivo a prescindere. Poi qualcosa ha cominciato a rompersi».
Quale fu l’evento spartiacque tra una fase e l’altra?
«Molto in sintesi, la storia europea come è arrivata a oggi si può dividere in due fasi. Una prima, e lunghissima, che va dal Dopoguerra all’unificazione della Germania: il glorioso periodo del mercato europeo comune, il mitico Mec, l’immagine positiva e progressiva di una unione che si sviluppa nel perimetro dell’economia. La rottura di continuità, ossia la seconda fase, prende inizio con la caduta del muro di Berlino e l’unificazione della Germania. Ineluttabile ma in un certo qual modo fatale. E più che dal lato della Germania, dal lato dell’Europa».
Insomma la dinamica positiva dell’Europa si inceppò con le due Germanie unite?
«Niente è stato più come prima. La riunificazione è stata quello che, nel linguaggio della diplomazia, si chiama “colpo di manovella”, quello che avvia la macchina, che partì su due campi, quello della moneta e quello delle regole».
Iniziamo dall’euro...
« La moneta unica, già fabbricata in vitro nè laboratori monetari, fu tirata fuori quando si consentì alla Germania di unirsi ma solo a condizione che rinunciasse al marco. L’ex presidente della Commissione Ue, il francese Jacques Delors, formulò una frase enigmatica a riguardo: “A volte la storia è assistita da passaggi misteriosi”. Si noti che l’idea dell’euro non era solo economica ma soprattutto politica. Gli illuminati pensavano: “Federate i loro portafogli, federerete i loro cuori”, la moneta come mezzo, la politica come fine».
Al giorno d’oggi sembra che l’esperimento non sia riuscito?
«In effetti, sempre più tra i popoli si ha l’impressione che crescano le divisioni, tanto nei portafogli quanto nei cuori».
E poi ci fu la via delle regole?
«Questo è un percorso ancora più affascinante dal punto di vista politico. Un dato di partenza che ci aiuta a capire: da sempre le “regole” sono lo strumento con cui l’autorità esercita il potere. Ne sono il marker più sicuro. Il marker di oggi dice: Gazzetta Ufficiale Europea 2015, lunghezza 151 chilometri lineari, altezza 30092 pagine di regole».
Da cosa deriva questa follia?
«Alla ricerca di quella che lei, non a torto, chiama follia, dobbiamo addentrarci nel più profondo del mysterium del potere politico europeo. Non solo i soliti burocrati e le solite lobby, ma qualcosa di più, di diverso e di superiore, ovverosia il prendersi forma tra le élite più o meno illuminate dell’idea di essere a un passaggio della storia: l’unificazione germanica, l’unificazione monetaria e anche la creazione in questo mondo nuovo dell’homo novus europeus. Si ebbe l’idea che il 1989 fosse l’anno zero, un esperimento che doveva e poteva essere modello e guida per il mondo. Finalmente il sogno settecentesco dell’Europa come “Grande Rèpublique” avrebbe potuto realizzarsi».
Un piano assolutistico?
«Se l’obiettivo è così alto e le menti sono a loro volta così alte, cosa vuole che contino la storia, la tradizione e i costumi. Val bene di superarli anche a costo di entrare nella vita degli altri. Ma lei non deve credere che le élite siano cattive. Sono buone, ed è anche per questo che vogliono il bene degli altri. Sono semmai gli altri che cominciano a vedere in questo processo un delirio di onnipotenza, la maledizione della ubris. Ed è anche per questo che cominciano a votare contro».
Allora lei la pensa come il futuro ambasciatore di Trump presso la Ue, Ted Malloch, il quale ha paragonato l’Unione Europea all'Unione Sovietica?
«L’architettura istituzionale ha avuto al principio un disegno hegeliano. Ma poi è venuto il resto, anche dal lato della sinistra postcomunista, che ha spostato i suoi
“penati” dai templi di Mosca a Bruxelles, il nido dove ha posato il suo uovo e dove si è ambientata benissimo. Naturalmente poi la stessa sinistra post-comunista è passata anche alla venerazione della finanza ma questo è un altro capitolo».
La Ue rischia il fallimento per le stesse ragioni per cui è fallita l’Unione Sovietica?
«E’ evidente che l’esperimento studiato in vitro e poi vissuto in un delirio di potere è andato a scontrarsi, e non poteva essere altrimenti, con i popoli. Le faccio un esempio molto europeo sul latte e sul formaggio. Lei pensa che l’obbligo di organizzare la lavorazione del latte o la produzione del formaggio nella forma europea di un laboratorio regolato come una sala operatoria ci porti verso il futuro e il benessere o invece che, con vincoli imposti e costi così proibitivi, azzeri quello che dovrebbe regolare? E’ diventato tutto insufficiente e nel modo più paradossale, insufficiente per eccesso».
Gli Stati però hanno subìto l’Europa sovietica: la colpa non è prima di tutto loro?
«In questi anni c’è stata dappertutto in Europa una progressiva, passiva, fatalistica ma non necessariamente convinta accettazione. E’ evidente che è un processo di standardizzazione che ha pesato di più su ciò che era piccolo e debole e meno su ciò che era più grosso e più forte».
In Italia questo processo è sta- to non solo subito ma addirittura costituzionalizzato...
«Nel bienno 2000-2001 il centro della discussione politica era sul federalismo e sul Titolo V della Costituzione. Il centrosintra all’improvviso pensò di entrare nel mercato elettorale in senso federalista, per aumentare i propri voti a discapito del centrodestra che cavalcava la devolution. Fu allora che nella sua riforma costituzionale modificò l’articolo 117, di stampo federalista, ma introdusse un passeggero clandestino, il vincolo di sottomissione unilaterale dell’Italia all’Europa, che semmai avrebbe dovuto essere contenuto nell’articolo 11, ossia nella parte sui principi fondamentali, e invece fu astutamente delocalizzato nella seconda parte della Carta. La mia proposta di modifica costituzionale invece tratta l’argomento dei rapporti dell’Italia con l’Unione Europea nell’articolo 11, riprendendo i principi basici di sovranità e parità e riallineando la nostra Costituzione a quella della Germania».
Mi sta dicendo che la Germania, leggi alla mano, è meno europeista di noi?
«Dal Dopoguerra fino all’unificazione, per arrivare a Maastricht, la Costituzione della Repubblica Federale Tedesca fu scritta riflettendo la più recente e tragica storia di quel Paese. Con l’unificazione e con Maastricht è stata rimodulata introducendo i principi e i criteri che ora sono contenuti nel paragrafo 23 che sancisce il criterio di compatibilità dell’ordinamento europeo con i principi di democrazia e sovranità contenuti nel corpo della Costituzione tedesca. Berlino non importa in automatico i materiali giuridici europei ma li filtra attraverso il criterio di compatibilità con i propri principi interni. Tra l’altro, prevedendo procedure di controllo analoghe e parallele a quelle previste per le modifiche della Costituzione. L’Italia invece ha fatto l’opposto. Non solo ha preso atto della nuova realtà e della nuova dinamica europea - l’Europa stava uscendo dalla iniziale dimensione economica per assumere una nuova dimensione politica - ma ha assunto rispetto a tutto questo una posizione passiva, ha rimosso il vecchio criterio della condizione di sovranità e di parità e ha introdotto un criterio, per così dire, di senso unico da fuori».
Da qui il suo disegno di legge costituzionale per parificare la condizione italiana a quella tedesca?
«Se la Costituzione della Germania prevede un controllo di compatibilità delle leggi dell’Unione con quelle tedesche, perchè per l’Italia ci dovrebbe essere l’importazione automatica dei materiali giuridici europei? Se è compatibile con i trattati europei la Costituzione tedesca, perchè non dovrebbe esserlo anche quella italiana se allineata sul modello tedesco? L’Europa non può essere come la fattoria della animali, nella quale tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri».
Allora ha ragione chi le dà del sovranista?
«A marzo si celebrano i 60 anni del Trattato di Roma, un grande trattato tra Stati sovrani che usando una parola antica, la parola “sussidiarietà”, devolvevano verso l’alto solo le competenze necessarie nella logica della Comunità Europea che allora si andava a costituire ma riservavano alla propria sovranità nazionale legislativa e politica nazionale tutto il resto, quello che si pensava potesse e dovesse essere fatto al meglio nei singoli Stati sovrani. La parola scelta per definire il processo fu una parola politica, la parola “unione”, ma indicata con la formula “verso una unione”. Un percorso più che il nome di un corpo che allora ancora non c’era».
Ma l’Europa può avere futuro se ritornano gli Stati nazione?
«Il Trattato di Roma, un trattato tra Stati sovrani e che restavano sovrani, si basava di fatto sulla formula della “confederazione”. E questo, ora come allora, è il futuro dell’Europa. L’idea di allineare la Costituzione italiana a quella tedesca è la base necessaria per entrare in questa logica».
Altrimenti?
«Le ipotesi in alternativa sono tante. Fra queste anche la dissoluzione dell’Unione Europea, il “viene giù tutto”, come si dice. Del resto, la parola unione non è tra le più fortunate nella storia visto com’è andata a finire altrove».
Cos’è più minaccioso per la sopravvivenza della Ue, la crisi economica o quella politica?
«Quello che è certo oggi è che si è attivata una cascata di fenomeni tra di loro diversi. La dissoluzione può essere causata da singoli Stati nella dialettica con la Ue, e quindi seguendo una dinamica dalla periferia verso il centro. Ma può anche essere che all’opposto sia il centro che taglia la fune alla quale sono aggrappate alcune scialuppe».
L’origine del collasso sarà economica o politica?
«Nel catalogo dei fenomeni possono aversene di politici, elettorali, o economici. Possono esserci scelte attive unilaterali di uno Stato o derive passive, come può essere nel caso dell’incapacità dei governi di guidare i processi economici, oppure, e questo può riguardare più da vicino l’Italia, la semplice incapacità di governare la realtà. L’uscita di un Paese può essere voluta ma anche fatta accadere o semplicemente accettata attivamente da fuori. Se non come tragedia (speriamo) la storia può ripetersi, spostandosi dalla Germania anni Trenta all’Italia di oggi: uno scenario tipo Weimar può diventare la prospettiva del nostro Paese».
Cosa la preoccupa di più attualmente per il nostro Paese?
«Se manca, o se mancherà, la capacità di governo del Paese, il tracollo sarà inevitabile. Mi preoccupa, ed è sintomatico, lo scambio che sembra in atto tra la data in cui si faranno le elezioni e la data in cui si farà il bilancio pubblico. C’è chi, dopo aver governato come una cicala per tre lunghissimi anni con tutti gli astri in positivo (dai tassi, al prezzo del petrolio), oggi pianifica elezioni anticipate per non pagare il conto, girando l’onere di bilancio a chi viene dopo. Ma rimandare porterà a un grado maggiore di ingovernabilità e le tensioni finanziarie saranno ancora più decisive. E quello della tensione finanziaria è l’habitat naturale per la crescita del populismo, che non sarà causato dai “sovranisti” ma sarà responsabilità di chi fa ruotare le regole in modo irresponsabile. E dico questo a futura memoria. Anche a prescindere dall’Europa abbiamo da finanziare e rifinanziare il terzo debito pubblico del mondo senza avere la terza economia del mondo».
Ma andare a votare subito non ci darebbe almeno un governo forte?
«No, se la scelta politica è quella di anticipare le elezioni rispetto alla legge di bilancio per non alienarsi il consenso degli elettori. Anche perché le elezioni si terrebbero con una legge elettorale che non fa vincere nessuno e quindi dopo il voto nessuno sarebbe in grado di fare la legge di bilancio. Chi provocherà questo, pur nell’ossequio formale delle leggi, si caricherà verso gli italiani di una gravissima responsabilità storica. Perchè è a quel punto che l’Europa potrebbe decidere di mollarci».
Disegno di legge costituzionale firmato Giulio Tremonti
Art punto 11 della Costituzione: testo attuale
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
L’aggiunta proposta da Giulio Tremonti
Le norme dei Trattati e degli altri atti dell'Unione europea sono applicabili a condizione di parità e solo in quanto compatibili con i princìpi di sovranità, democrazia, sussidiarietà, nonché con gli altri princìpi della Costituzione italiana.
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Mauro Grussu
Egregio Prof. Tremonti, Le Sue analisi, socio- politiche - economiche, circa l'ordinamento "sovranista" dell'Unione Europea, certamente non allineato con i principi sanciti dai Padri fondatori, dettagliano pedisseuquamente lo stato di sudditanza in cui versa l'Italia, piegata edalle fredde menti "calcolatrici" Teutoniche. insomma una moderna dittatura, all'interno della quale siamo stati traghettati da una politica, e da politici collusi e conniventi, incapaci di valutare la tragedia immane perpetrata ai danni del Paese e degli Italiani. Nessuno ne parla! Marketing politico, è quello di numerosi politici, europarlamentari, che sbandierano il malcontento nei confronti della UE, ma in realtà permangono ben accomodati sugli scranni di Bruxelles/Strasburgo, spettatori passivi di una disfatta nazionale, piuttosto che rassegnare le dimissioni , e dimostrare al Paese una moralità ed un "politically correct" pressochè inesistente; sappiamo bene che la loro è solo demagogia. Fortunatamente però in questa Italia maltrattata, il cui Governo palesa "incomprensibili" segni di ripresa, prendendosi gioco della dignità delle fasce più deboli, delle Famiglie oneste, dei maltrattati, esistono formazioni politiche, certamente non blasonate, anzi oscurate, "gambizzate" perchè "controcorrente", che in nome di un rapporto quotidiano con la gente, hanno fatto proprio non solo il malcontento, bensì la disperazione di tutti coloro che una volta non vedevano il futuro, mentre oggi annaspano nel presente, consapevoli che ogni giorno è una partita contro la sopravvivenza. Movimento Base Italia è un partito politico, che fin dalla propria omologazione, ha lavorato a stretto contatto con le persone, per cercare di risalire alle origini di questo “mostro” che ogni giorno divora il Paese ed il bene più prezioso del Paese, che sono i propri Cittadini, gli Italiani, il patrimonio della Nazione. Ebbene le nostre conclusioni in tal senso giungono alla Svendita operata dagli “Illuminati”, che cedendo le quote di maggioranza del Paese, lo hanno trasformato in ostaggio del “mostro”, generando questa tragedia, dalla quale c’è un solo modo per venirne fuori: riacquisire lo status di Libero Paese e di libera Nazione, che risponde al proprio ordinamento Costituzionale, il resto non può che essere mero federalismo geopolitico, che restituendo la sovranità alle Nazioni non potrebbe che rafforzarne i contenuti della cooperazione. Perciò, a differenza di “urlatori” e “strilloni” da palinsesti televisivi, abbiamo deciso “Unico Partito in Italia”, di richiedere alla Presidenza del Parlamento Europeo, e direttamente al Presidente “Schulz”, gli Atti originali, completi di Nomi Cognomi, ruoli Istituzionali, date e firme di Coloro che hanno decretato questa svendita, che al nostro Dipartimento affari legali appare del tutto infondata, in ragione del fatto che la consegna del Paese, attraverso “trattati” ( sui quali si regge la Sovranità Europea, che legifera in capo alla nostra Costituzione) appare di dubbia costituzionalità, e pertanto meritevole di assoluta revisione, con tutti gli annessi e connessi, in particolare la deplorevole sottomissione finanziaria – monetaria, principale artefice della tragedia causata dalle fauci del mostro. Alla nostra nota ufficiale, redatta su carta intestata, del Partito politico Nazionale, inviata con i mezzi postali ordinari, ha fatto seguito la risposta trasmessa a mezzo Email da un fantomatico componente del Gabinetto del Presidente “Schulz”, tale Josè Luis Pacheco, non si capisce investito da quali poteri, che ribadendo il concetto che tutte le documentazioni sono rilevabili sul sito istituzionale dell’Unione Europea, ha addirittura allegato un pdf titolato “ European treaties”. Questo non senso di risposta, ha fugato ogni nostro dubbio, rendendoci consapevoli del fatto che l’Unione Europea, cos’ ben strutturata e organizzata come un vero Organo di Governo di Superiore , è di per se anticostituzionale. E le dimostrazioni , a supporto di un interesse che è ben lontano dalla tutela dei Paesi aderenti, e dei Cittadini Europei, sono tali e tante, che elencarle sarebbe un lavoro improbo. Bene quindi che Lei abbia deciso di smascherare questa “grande bufala della UE”, paragonandola , così come in una breve realtà potrebbe tramutarsi, all’ “ex” Unione Sovietica, intesa come risultato disastroso di una politica operata per fare il male delle persone, e non il bene dei Popoli. Noi di questo ne siamo consci, lavoriamo alacremente per promuovere l’attenzione della Gente su questo tema “scottante”. Lo facciamo utilizzando un linguaggio chiaro e comprensibile, ovvero depurando al massimo il lessico dal politichese, e dai tecnicismi, per spiegare alla gente comune, cosa nasconda in realtà quella bandiera le cui stelle rappresentano esclusivamente le fauci di un Mostro. Spiegando che la minusvalenza tra il versato IT e il ristorato UE nel periodo dal 2002 al 2014, è una cifra di immani proporzioni, pari a 3-4 manovre finanziarie, senza tenere conto che è calcolata sulla valuta EURO, e non su quella originale ECU. Fortunatamente incontriamo sempre più la sensibilità delle persone, e non esiste in noi maggiore soddisfazione , se non il constatare quanta avversione la gente comune stia maturando e covando nei confronti di futuri schieramenti, prodotti di scissioni ,alchimie politiche varie, nei confronti dei quali la “fattura” sarà piuttosto amara e salata! Analisi precise e razionali, ci hanno consentito di pronunciare con largo anticipo ( quindi in tempi non sospetti) quale sarebbe stato il risultato dell’ultimo pronunciamento elettorale, abbiamo centrato l’obiettivo, dichiarando un 61 a 39 per il NO, facendo Strike contro tutte le combinazioni “faziose e fuorvianti” messe in campo dai media e dall’informazione in generale, sempre più al soldo del sistema. E’ finita, virgole a parte 60 a 40, ma le punte di alcune Regioni, oltre il 70% ci hanno regalato l’emozione di aver ben calcolato e centrato lo stato di salute dell’Italia. Chiunque deciderà di scendere in campo, per candidarsi alla guida di questa nave, priva di ogni elementare strumento per la navigazione, e in balia di acque tutt’altro che quiete, dovrebbe tenere in buona considerazione un serio avvicendamento con la BASE; Visti i nefasti precedenti, alla “Giuria” di fronte agli stessi “cast”di attori , non sfuggirebbe la trama di un film già visto..…”dell’Horror”. Buon lavoro dunque Professore, con l’auspicio che la Sua proposta sia espressione della politica più nobile, e alimentata dal desiderio di contribuire fattivamente a riportare la dignità nelle case degli Italiani, per una Italia 3.0 . Molto Cordialmente Movimento Base Italia Dipartimento per le politiche Estere Mauro Grussu
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Caro Prof. Tremonti, pur condividendo le Sue lodevoli motivazioni, ritengo che lo Strumento da Lei suggerito sia superfluo.La Costituzione parlava già chiaro all'art. 11 sottoponendo le eventuali cessioni di sovranità ad analoga e reciproca cessione da parte di altri Stati ovvero solo laddove gli ALTRI subisssero le stesse limitazioni. Ma discettando giuridicamente possiamo dire che la UE non è uno Stato ma una unione di Stati che si dà regole comuni ma spesso queste regole non vengono recepite nello stesso modo da tutti. E questo soltanto già basterebbe per non sottoporre l'Italia alle regole devastanti cui siamo costretti da una classe politica e mi perdoni anche di giuristi privi di "schiena diritta" specie laddove non essere proni significa fare gli interessi del popolo italiano. Secondo : dalla lettura dell'attuale art.11 emerge che dette eventuali cessioni potranno avvenire solo per assicurare pace e giustizia e certo non per piegarsi alle bieche logiche economiche della moneta unica che hanno imposto le restrizioni su bilanci dello Stato,aumento della tassazione,etc etc. Insomma l'unica vera tragedia della Costituzione è proprio quella orribile variante decisa tra il 2000 ed il 2001 in cui si introdusse la sottomissione dell'Italia alla UE attraverso l''art 117 della Carta Costituzionale.Tutto il resto è stato oggetto di cannibalizzazioni, invece, ad opera di una Consulta che si è investita del ruolo di Giudice supremo non delle leggi ma dei diritti dei cittadini,strappando e depauperando attraverso varie sentenze proprio quel patrimonio di diritti universali già tutti contenuti nella più bella Costituzione del mondo. Insomma prof.Tremonti, non servono riforme che spesso si riducono solo a meravigliosi proclama. Io credo e sempre crederò nella ferrea applicazione delle leggi già esistenti ed in particolar modo della nostra Costituzione che andrebbe solo spogliata si di alcune aggiustature ma che certo non sono risalenti alla sua emanazione bensì all'intervento scellerato e mi perdoni politicizzato di alcuni esponenti di partito che pur di mantenere alleanze a Loro comode hanno barbaramente ed irresponsabilmente modificato l'ordinamento costituzionale che da sempre è garanzia di libertà uguaglianza e pari opportunità per tutti i cittadini italiani. Applichiamo le nostre Leggi, applichiamo il nostro diritto senza sottoporlo ad interpretazioni arbitrarie ed esautorando definitivamente coloro che sono animati da personalismi ideologici. Il diritto è l'unica vera garanzia della libertà di un Popolo , il diritto scritto dai Padri costituenti e non quello frutto di interpretazioni. Proviamo a ricominciare da qui. La strada potrà forse essere in salita, forse ci saranno" lacrime,sudore e sangue" ma l'obiettivo è la "vittoria".."perché senza la vittoria non c'è sopravvivenza"
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