di Paolo Balmas
Durante il China Development Forum che si è tenuto fra il 18 e il 20 marzo 2017 a Pechino, il presidente della Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), Jin Liqun, ha dichiarato che “siamo tutti vincitori della globalizzazione”. Così la Cina lancia un ulteriore messaggio in difesa della globalizzazione che si dice minacciata dalla nuova amministrazione Trump.
Come George Friedman ha fatto notare in una sua analisi datata 20 marzo 2017, gli Stati Uniti muovono ancora un quarto dell’economia mondiale, per questo motivo se un presidente chiede che non siano inseriti riferimenti sul libero commercio negli accordi del G20, le altre nazioni non potranno far altro che assecondare la richiesta. La questione della globalizzazione e lo spettro del protezionismo dividono i commentatori e negli Usa non tutti condividono la posizione di Trump. Ad esempio, Stephen Roach del Jackson Institute for Global Affairs (Yale University), ha elogiato l’insistenza della Cina sul bisogno di un maggiore coordinamento fra le nazioni, poiché la globalizzazione non riguarda la guida di un singolo paese ma l’impegno di molti.
Secondo Jin Liqun, si avverte il bisogno impellente di riformare la governance economica mondiale. Che il mondo stia affrontando un cambiamento abbastanza profondo da dover rivedere molte regole è ormai chiaro. Tuttavia, l'aumento dei legami globali continuerà e il protezionismo (in realtà mai abbandonato all’evenienza) sarà invocato per dare il passo o modificare la strada. L’attenzione, quindi, da un lato si deve rivolgere maggiormente a come e cosa proteggere, dall’altro a come agevolare il coordinamento. In fondo non è detto che l’uno debba escludere necessariamente l’altro.
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