Gli errori di Hillary

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di Andrew Spannaus

E' stata una settimana difficile per Hillary Clinton. Mentre i sondaggi mostravano già un graduale recupero di Donald Trump rispetto al divario di 6-7 punti di poche settimane fa, la candidata democratica ha fatto due errori: prima ha insultato i sostenitori del suo avversario, definendoli "deplorevoli", e poi ha gestito male una situazione di malattia, dando l'impressione di nascondere la realtà della sua condizione di salute.
Hillary

Nel primo caso, Hillary ha voluto esprimere la sua frustrazione in merito al fatto che un candidato che fa continue dichiarazioni offensive goda di così tanto sostegno; perciò ha detto quello che pensano molti, che una fetta significativa degli elettori entusiasti di Trump sono "razzisti, sessisti, omofobi, xenofobi, islamofobi, di tutto e di più".

C'è un fondo di verità nella dichiarazione, ovviamente, ma questo non toglie il fatto che viola una regola fondamentale della politica americana: non insultare gli elettori. Una cosa è parlare male del proprio avversario, ma come ha imparato Mitt Romney nel 2012, le generalizzazioni non funzionano bene, in quanto offrono all'altra parte la possibilità di applicarle come si vuole, e di dipingere il candidato come insensibile alle istanze della popolazione.
Le parole di Clinton sono ragionevoli se considerate nel loro contesto complessivo, in quanto la candidata ha parlato anche di tante persone che si sentono lasciate fuori dal processo politico e cercano il cambiamento, ma i media si concentrano sulla parola "deplorevole", e ora Trump ha un'arma in più per gli ultimi due mesi della campagna.

Appena due giorni più tardi le attenzioni si sono spostate sul malore che ha colto Clinton mentre assisteva ad una commemorazione per l'11 settembre. Inizialmente si era parlato solo di caldo e disidratazione, ma dopo la pubblicazione del video mostrando Clinton sorretta dal suo staff per evitare di cadere a terra, è stato ammesso che soffriva di polmonite. Si tratta di un caso non grave, naturalmente, che viene trattato con gli antibiotici, ma la riluttanza di ammettere subito la realtà rischia di avere conseguenze molto negative per Clinton.

Già il problema principale dell'ex-First lady è che la gente si fida poco di lei; viene vista come il tipico politico dell'establishment che misura ogni parola e raramente dice tutta la verità. Ora questa caratteristica non riguarda più solo le posizioni sui temi politici; vanno a toccare la questione delicata della sua salute, dove ci sono già delle preoccupazioni a causa dei problemi potenzialmente gravi del passato.
Gli episodi più seri sono quelli di trombosi venosa profonda, avvenuti nel 1998, 2009 e 2012; negli ultimi due casi nonostante Clinton prendesse già degli anticoagulanti. Sempre nel 2009 e nel 2012 gli episodi portarono allo svenimento, provocando una frattura al gomito nel primo caso, e una commozione cerebrale nel secondo. In quest'ultima occasione il coagulo fu trovato nella testa.
Naturalmente anche se a qualche punto Hillary Clinton stesse male e non potesse più svolgere i compiti di presidente, il suo sostituto sarebbe Tim Kaine, un democratico molto simile a lei in termini politici; dunque sarebbe poco ragionevole per un sostenitore di Clinton scegliere Trump in base alle considerazioni di salute. Il problema invece, si pone per i tanti elettori ancora indecisi, che non sono ancora riusciti a superare la mancanza di fiducia nei confronti della candidata democratica.

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I sondaggi più recenti mostrano un vantaggio medio tra 2 e 3 punti percentuali per Clinton, e il margine potrebbe assottigliarsi ancora di più man mano che escono le nuove rilevazioni condotte questa settimana. Dunque Trump si avvicina al punto da far pensare a molti che potrebbe vincere davvero. Diventa molto importante il primo dei tre dibattiti televisivi tra i candidati, in programma il 26 settembre alla Hofstra University, in quanto potrebbe consolidare la rimonta di Trump se lui si dimostrerà credibile e sotto controllo, oppure avviarlo verso una sconfitta quasi sicura se non sarà in grado di tenere testa a Clinton, che ha molto più esperienza nei confronti di questo tipo.

Ad oggi la mappa elettorale è ancora favorevole a Clinton. Ha un vantaggio significativo in un numero sufficiente di swing states - quelli più in bilico - da portarla già vicino al numero di voti elettorali tale da garantire la vittoria. Se vincerà in Pennsylvania e in Colorado come sembra probabile, la strada per Trump diventerà strettissima, costringendolo a dover vincere la Virginia o il New Hampshire, due stati dove attualmente è sotto di 4-5 punti. A complicare la situazione è l'organizzazione decisamente superiore della campagna di Clinton, che conta numerosi uffici locali e un netto vantaggio in termini di pubblicità televisiva.

Tuttavia ci sono ancora alcune incognite. La prima è la precisione dei sondaggi. Nonostante la grande accuratezza raggiunta dalle rilevazioni nelle ultime due consultazioni permangono dei dubbi quest'anno, in quanto uno dei candidati punta sulla mobilitazione di una fetta significativa dell'elettorato che di solito si astiene. Donald Trump è imprevedibile, e lo è anche l'intensità della protesta anti-politica che lo ha portato fino a qui.
Sarà molto importante la composizione dei votanti, cioè le percentuali rispettive di vecchi, giovani, bianchi, neri, ispanici, ecc. I sondaggi sono accurati soltanto se lo sono i loro assunti su queste percentuali; gli errori di interpretazione sono comuni, come quello commesso dai repubblicani quattro anni fa.
Ci sono altri eventi che potrebbero erodere il vantaggio di Clinton: per cominciare una "sorpresa di ottobre", come la pubblicazione di ulteriori e-mail dannosi per la candidata democratica; e infine la tendenza di Hillary a fare degli errori che minano la fiducia posta in lei dagli elettori, proprio come ha fatto in questi giorni.

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